Se con i tuoi amici a Londra decidi di fare una capatina alla Somerset House a vedere la Courtauld Gallery vuol dire che della capitale inglese hai visto praticamente tutto e non sai più cosa inventarti per trascorrere un weekend originale. Potresti anche essere un appassionato di storia dell’arte ma, ammettiamolo, è meno probabile.
Se poi, come me, sei un ibrido, è possibile che ti ritrovi a vagare tra i capolavori in uno stato di indolenza fino a quando non incappi nel tuo pittore preferito. Edouard Manet, il mio. E se, infine, il quadro svela in primo piano bottiglie di alcolici vari, l’attenzione è catturata definitivamente.
Mi ritrovo ad indugiare dinanzi al dipinto per più di un minuto. E’ tantissimo per me, un’eternità. E non capisco se la biondina che mi osserva al di là della tela sia una bartender ante litteram o se invece sia solo un’elegante ragazza dagli occhi stanchi che aspetta di essere servita da me. Il suo nome è Suzon, pare. I polsi sul bancone in senso di attesa, lo stesso bancone che ci separa. Ma chi stapperà la bottiglia, io o lei? E dove siamo? L’immagine del salone affollato è riflessa in specchi enormi o sono di fronte alla più bella cliente del bar? Ancora oggi non lo so. Ho letto molto sull’opera, ma niente ha fugato i miei dubbi. Nessun chiarimento sul senso di piacevole disorientamento che provo dinanzi al quadro. Le spiegazioni accademiche sull’utilizzo delle luci e dei colori di Manet e le sterili descrizioni delle sue prospettive atipiche non mi hanno convinta.
E, dopotutto, non è importante.
Quello che mi coinvolge è il senso di divertimento e di allegria che emana la tela, il “va tutto bene, bevi con noi”.
Il mondo sperimenta il progresso, non c’è niente che possa andare storto. Viene voglia di lasciarsi andare. Ed è convincente, il lusso emanato dai grandi candelabri e dai cappellini delle signore è tangibile. La capsula dorata delle bottiglie in primo piano è così glamour che non può essere birra, come sostengono i critici. Sono certa che, se chiedessi un boccale, Suzon mi risponderebbe col suo irresistibile accento parigino: Désolée madame, c’est Champagne rosé!
Sì, perché a Il bar delle Folies-Bergère, questo il nome del dipinto, si servono solo bollicine.
Rosa Sechi
Bellissima storia… Vengo a farmi una bevuta.
Grazie Luca!
Continua a seguirci e…#pinkdifferent